LCA - Life Cycle Analysis 


Lei è più ‘eco’ di me? Ma mi faccia il piacere!
di Giulio Ghisolfi

La patente di sostenibilità non è né facile né economica, e a volteneanche utile, da ottenere. E la LCA non è il giudice imparziale al quale rivolgersi

Se vi trovaste a voler definire quale frutto è migliore, vi cimentereste a comparare diversi tipi di frutta, per esempio una pera con una mela e/o con una banana?
Credo di no, è un esercizio non solo soggettivo ma soprattutto inutile, e dal punto di vista economico senza senso. Eppure è quanto succede nel nostro settore quando si vogliono comparare diverse tipologie d’imballaggi e cercare di sostenere che una confezione è più o meno eco-sostenibile di un’altra! Produttori di marca, distributori, utilizzatori ed enti locali sono sempre più interessati a rispondere al tormentone: se l’imballaggio X utilizza materiale riciclabile mentre l’imballaggio Y è riutilizzabile, quale dei due è più eco-sostenibile? E quindi, quale utilizzare? Anche in questo caso ci viene incontro la Direttiva Europea 62/94 che introduce un scala d’utilità (teorica) e identifica in termini d’importanza ciò che è preferibile dal punto di vista ambientale indicando quest’ordine di priorità:

1 - l’imballaggio riutilizzabile
2 - l’imballaggio facilmente (sotto il profilo economico) riciclabile
3 - l’imballaggio riciclabile con elevati costi
4 - l’imballaggio recuperabile energeticamente
5 - l’imballaggio non riciclabile/recuperabile destinato allo smaltimento con altre tecniche

Cominciamo con la prevenzione
Premesso tutto ciò, è essenziale che ogni azienda s’impegni in una continua politica di riduzione del materiale (spessore, peso, volume) utilizzato nel confezionamento per unità di prodotto finito realizzato: la premessa è ovvia, in quanto produce un risparmio soprattutto in termini economici.
Ne consegue che, per logica e buon senso, dovremmo immediatamente ridurre o eliminare, come soluzione tecnica di confezionamento, tutti gli imballaggi compositi/ accoppiati / multistrato: sono difficilmente separabili nei loro componenti.
Da evitare dovrebbe essere l’utilizzo di additivi chimici che sono ampiamente utilizzati per stampare, accoppiare e saldare; trovo sinceramente ridicolo etichettare e pubblicizzare come eco-sostenibili materiali quali, per esempio, la carta o i film in PLA quando poi la maggior parte della superficie viene stampata!

Tutto e il contrario di tutto
Se, quindi, accettiamo l’assunto che ogni materiale stampato o additivato (perché accoppiato, laminato, ecc.) non è ecosostenibile per le ragioni sopra dette, potremmo scoprire che invece lo è.
Come? Prendiamo in considerazione altri parametri quantitativi, come il peso della confezione, la quantità di prodotto per confezione, il tipo di processo utilizzato e il costo complessivo: sono tutti parametri anch’essi inclusi nella definizione di sostenibilità (parlo di quella economica).
Ecco che arriviamo a dimostrare il contrario di quanto appena detto: infatti, risulterebbe che gli imballaggi flessibili multistrato (tipo buste, flow-pack ect), considerati non riciclabili ed altamente ‘inquinanti’ perché difficilmente smaltibili, grazie invece alla loro versatilità, al limitato ingombro e soprattutto alla maggior leggerezza rispetto a qualsiasi altro tipo d’imballaggio hanno ed avranno soprattutto in futuro un utilizzo sempre più ampio!



LCA? Non e’ un vangelo!
Allora cosa e come si può fare per valutare al meglio l’impatto ambientale delle confezioni utilizzate? Le primarie aziende di prodotti di largo consumo si sono dotate da alcuni anni di uno strumento analitico chiamato LCA (Life Cycle Assessment) che è stato messo a punto con l’obiettivo di facilitare la comprensione dell’impatto ambientale; anche per l’imballaggio utilizzato consente di misurare gli effetti che questo provoca sull’ambiente (in termini di emissioni di CO2 o Carbon Foot Print, di consumi energetici (kWh) o Gross Energy Requirement, ed infine in termini di consumo dell’H2O o Water Footprint, di eutrofizzazione, ecc.).
È questa la soluzione definitiva o soltanto un strumento utile?
Per la sua caratteristica di strumento meramente analitico ad uso interno, poiché basato su algoritmi creati ad hoc che utilizzano dati interni all’azienda (di per sé poco trasparenti e non verificabili), risulta a mio avviso essere uno strumento poco attendibile e facilmente manipolabile.
Ci capita sempre più spesso di condividere presentazioni pubbliche fatte per dimostrare l’eco-sostenibilità di un imballaggio prescelto basate su LCA: avete notato che tutte risultano sempre migliorative rispetto all’esistente in almeno uno dei parametri utilizzati?
Si parla sovente di - x% di emissione di CO2, - y% d’utilizzo di H2O, - z% di kWh.
Qual è il punto debole di questo ricorso alla LCA?
La risposta è che si tratta di uno strumento soggettivo facilmente manipolabile, che manca soprattutto di un’analisi comparativa approfondita tra diversi tipi di materiale utilizzabili unitamente ai diversi sistemi di processo e di confezionamento utilizzati. Inoltre, dati immessi, procedure di analisi e risultati dovrebbero essere certificati da un ente esterno neutrale e indipendente, cosa che oggi non avviene.
Siccome questa comparazione è decisamente molto complessa e soprattutto costosa, in quanto i parametri sono molteplici e di difficile valutazione, si preferisce limitarsi al conosciuto, all’esistente e, nel caso di comparazione, di una mera e semplice analisi dei costi dei materiali di base.

Uno strumento con molti limiti
Valutare quindi l’impatto ambientale di un imballaggio tradizionale in contrapposizione ad un imballaggio più sostenibile, pensato e realizzato per venire incontro alle esigenze del mercato, utilizzando la LCA, è semplicemente impossibile, inutile e sopratutto anti-economico. Lo strumento LCA è quindi da considerare come strumento tecnico non rivolto verso l’esterno, ma verso l’interno (per gli addetti ai lavori): può facilitare unicamente il miglioramento continuo di un prodotto già esistente.
Anche per quanto riguarda, invece, il suo utilizzo nello sviluppo di un prodotto nuovo, come ‘eco-tool’ la LCA risulta a mio avviso fuorviante e dannosa, in quanto tende a preservare l’esistente, mentre la soluzione ottimale più eco-sostenibile deve essere ricercata nella conoscenza approfondita dell’interazione del sistema prodotto (materiale+processo+prodotto) che è molto complessa e difficilmente sintetizzabile e/o parametrizzabile.
Questo compito rimarrà in mano alla sensibilità ambientale dello sviluppatore incaricato che potrà sì avvalersi di strumenti conoscitivi quali la LCA, ma che dovrà soprattutto essere sapientemente capace di mescolare le innovazioni affidabili meno impattanti che la tecnologia gli metterà a disposizione mantenendola sostenibilmente competitiva rispetto all’esistente.

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